giovedì 21 luglio 2011

Diritto di cronaca, dovere di verità

Il 19 luglio, su La Nuova Sardegna, appare il seguente titolo: “Case famiglie abusive a Sassari, l'inchiesta arriva alla ASL”. Sembrerebbe lecito dunque chiedersi se non si stia sbattendo il mostro in prima pagina. Nell'articolo si legge di una “svolta nelle indagini”, che riguardano ora anche 2 psichiatri e 2 operatori sociali del Centro di Salute Mentale della ASL, oltre alla presidente e ad alcune operatrici della cooperativa promotrice nel territorio sassarese di esperienze e percorsi di vita autonoma (quelli che l’articolo definisce erroneamente “case famiglia”). 
 L’articolo – riguardante unicamente le indagini giudiziarie su presunti reati ancora da accertare, compiuti ai danni di soggetti “deboli” e della Pubblica Amministrazione – omette un'altra notizia, ossia che venerdì scorso, nell’aula “Eleonora d’Arborea” del Rettorato dell’Università di Sassari, si sia svolto un dibattito pubblico sulla necessità di intraprendere percorsi di attuazione della riforma psichiatrica in Sardegna, che includano anche le esperienze dell’abitare assistito, che in molte regioni d’Italia sono ormai una consuetudine, mentre qui a Sassari sono finite nell’occhio del ciclone. Al dibattito – nel corso del quale si è presentato il Comitato A CASA MIA – hanno partecipato cittadini, utenti dei servizi, docenti universitari, ricercatori, studenti, associazioni, medici e operatori che lavorano nell’ambito della tutela della salute mentale: l’aula era gremita, ma di questo incontro si è dato poco conto. È più stuzzicante, sia per il cronista che per il lettore, parlare di “lesioni” e “maltrattamenti”: e allora sì, nominare persone e cose.
 Il dovere più vincolante del giornalista, caposaldo del diritto di cronaca, è (o dovrebbe essere) il dovere di verità, il quale è considerato un “obbligo inderogabile” dalla Carta dei Doveri. Un'informazione che occulta o distorce la realtà dei fatti, invece, impedisce ai lettori e alle lettrici un consapevole esercizio della cittadinanza. Esattamente come lo impedisce a chi decide - in autonomia ma non in solitudine – di affermare la propria dignità di abitante di questa Terra, e perchè no, di una (di questa) casa.
 Nove persone sono state private di questo diritto e hanno subito lo sgombero delle loro abitazioni, per essere trasferite nelle strutture all'interno dell'ex manicomio di Rizzeddu contro la loro volontà, vittime di un'inchiesta che desta sgomento e indignazione e che riporta l'urgenza di incalzare politiche sanitarie e sociali che sostengano la vita autonoma delle persone sofferenti.
(Sara Stangoni)

Nessun commento:

Posta un commento