mercoledì 20 luglio 2011

Lettera di Luigi Laisceddu, familiare

Sassari  7 luglio 2011

               Egregio Dottor Pittalis,
                                                    Le scrivo in riferimento a quanto accaduto ieri mattina presso la residenza di mio fratello Roberto, in via Nizza 29 a Sassari, per CHIEDERLE alcune precisazioni in qualità di psichiatra di riferimento del CSM che da oltre venti anni segue mio fratello, e pregarla inoltre di visitare con urgenza Roberto, in ricovero coatto presso la Comunità “Gli Ulivi” nell'ex ospedale psichiatrico di Rizzeddu, per stabilirne le attuali condizioni di salute e verificare eventuali aggravamenti e shock subiti. Le chiedo cortesemente di indicarmi quali provvedimenti siano indispensabili in questa situazione per evitare che vengano vanificati i risultati di recupero  del suo equilibrio psicofisico, raggiunti recentemente.
         Innanzi tutto vorrei esporre brevemente i fatti a cui ho assistito personalmente, astenendomi da commenti e considerazioni personali che mi riservo di esprimere nel nostro prossimo incontro.
         Ieri mattina, il 6 luglio 2011, intorno alle ore 9, ho ricevuto una chiamata sul mio telefono cellulare da parte del maresciallo Balletto del NAS - Carabinieri di Sassari, che mi chiedeva di recarmi con urgenza in via Nizza 29 perché,  in seguito a un'ordinanza della Procura della Repubblica, dovevano eseguire l'immediato  sequestro dell'appartamento. Questo provvedimento ha costretto  Roberto e gli altri inquilini a subire l'immediata  sistemazione  in altre sedi.
         Al mio arrivo la porta dell'appartamento era spalancata e all'interno erano presenti sette Carabinieri dei NAS in borghese, la presidente della cooperativa Pitzinnos e vari operatori della stessa, più altre persone sconosciute che si muovevano all'interno della casa, spostando sacchetti di plastica e borse con effetti personali degli inquilini, creando un ulteriore stato di agitazione e confusione generale.
         Mi sono presentato al luogotenente Gavino Soggia, comandante della sezione di Sassari dei NAS – Carabinieri, che, oltre a confermarmi l'attuazione del sequestro preventivo disposto dalla Procura, mi ha dichiarato di non essere autorizzato a fornirmi alcuna informazione, in considerazione anche del fatto che non era Roberto l'oggetto del provvedimento.
Ho chiesto chi, in questo contesto, si assumesse, dal punto di vista sanitario, la responsabilità del trasferimento di persone  già disagiate a cui si stava stravolgendo la quotidianità.
         Il luogotenente Soggia mi ha indicato un signore che si è qualificato come coordinatore del Dipartimento di Salute Mentale presentandosi col titolo di psichiatra: il dottor Vito La Spina.  A lui ho chiesto che intenzioni avesse riguardo a mio fratello e mi ha risposto che era presente in qualità di consulente della procura per garantire assistenza a delle persone disagiate. Ha precisato, inoltre, che la casa affittata da mio fratello e da altri quattro suoi conoscenti affetti da differenti patologie, è stata considerata dalla Procura una struttura sanitaria abusiva; perciò, se noi parenti non fossimo stati in grado di accogliere in casa i nostri congiunti, lui avrebbe provveduto a ricoverarli presso delle comunità socio assistenziali protette, nello specifico presso la comunità “Gli Ulivi”, sita nel complesso di Rizzeddu (ex manicomio). Ho contestato che l'equipe di medici che da anni segue Roberto ha sempre sconsigliato di farlo convivere con gli anziani genitori perché questo tipo di stretto contatto quotidiano acuisce la patologia da cui è affetto Roberto. Ho anche chiesto al dottor La Spina se fosse al corrente del quadro clinico di mio fratello e dei progressi ottenuti recentemente in merito al suo equilibrio psicofisico e al suo reinserimento sociale. La risposta è stata: “Guardi, io ho saputo come lei stamattina di questo blitz e sono qui per cercare di aiutare queste persone e disporre il loro trasferimento”. Ho ribadito che la soluzione che mi stava proponendo era già stata considerata in passato e scartata da Roberto stesso, dai medici che lo seguono e da noi familiari in quanto ritenuta non idonea né utile  al recupero di Roberto. Gli  ho chiesto inoltre se avesse domandato a Roberto se fosse contento di spostarsi ora dalla sua casa e gli avesse spiegato cosa stava succedendo. La risposta è stata che questo non rientrava nelle sue attuali competenze.
         Non mi soffermo sulle altre affermazioni che ho sentito personalmente pronunciare al dottor La Spina parlando con altri parenti, tipo:” Stiamo provvedendo a chiudere definitivamente la struttura di Rizzeddu (come, state per chiuderla e ci ricoverate delle persone???? Mi scusi, ma non son riuscito a trattenere questo pensiero), così come mi riservo di offrire una dettagliata testimonianza del fatto a cui ho assistito  a lei e ad altri in  sedi e contesti opportuni.  Aggiungo solo che sono stato testimone di stati di alterazione e delirio da parte di Roberto e almeno di altri due inquilini della casa, una condizione che Roberto non manifestava da oltre 1 anno.
         Dopo che un operatore della comunità ha accompagnato in auto mio fratello, che ha potuto portare con sé  solo alcuni effetti personali, mi sono recato anche io a Rizzeddu. Non credo che debba raccontare cosa succede in queste comunità definite protette, Lei le conosce molto meglio di me, ma a vantaggio di altri che ci leggono in copia Le dirò solo che ho visto personalmente un uomo completamente nudo, sdraiato nel corridoio attiguo alla stanza destinata a mio fratello, circondato da fazzoletti di carta e altri residui non meglio identificati. I corridoi e i due piani della struttura che ho attraversato sono pieni di cicche di sigaretta e di varia biancheria interna sporca, abbandonata per terra. I pazienti fumano dentro il caseggiato e nelle camere senza che nessuno li riprenda. Appena arrivato sono stato assillato da pazienti che mi seguivano, presentandomi ossessivamente svariate richieste finché il personale della struttura non è intervenuto allontanandoli fisicamente.
        Il personale presente in questa occasione, cioè un'infermiera, due educatori e un operatore socio-assistenziale, hanno cercato di rassicurarmi affermando che operano in una struttura assistenziale “regolare”, diretta dal dott. La Spina, e mi hanno chiesto di fornirgli le cartelle cliniche  e le informazioni sulle problematiche di mio fratello. Questo conferma che il personale della struttura in cui è stato trasferito Roberto era all'oscuro delle sue condizioni e, di conseguenza, non preparato ad accogliere un paziente con una patologia psichiatrica importante e con problematiche di riabilitazione fisica in corso.

         Roberto mi ha chiesto: “Cosa ho fatto? Perché mi hanno portato qui?”
         Prima di salutarlo mi ha pregato di non abbandonarlo!

         Le domande che intendo rivolgerLe sono due:
1. Lei, in qualità di specialista che segue Roberto dal 1991 anche con responsabilità istituzionali è stato informato di quanto stava per accadere?
2. Considerando che una equipe di specialisti di cui fa parte anche Lei e noi parenti abbiamo impiegato oltre sei mesi per trovare una soluzione appropriata al recupero psicofisico e al reinserimento sociale di Roberto, specialmente dopo l'ictus che l'ha colpito nel maggio del 2010, aggravando ulteriormente la sua condizione di salute, sopratutto consultando lui e ottenendo la sua totale approvazione, è possibile, secondo Lei, che qualcuno abbia il diritto e il potere di decidere, in appena due ore, di cambiare le nostre scelte senza consultarci, darci spiegazioni o lasciarci la possibilità, anche in termini di tempo, di contestare e valutare soluzioni differenti, ma sopratutto lo faccia senza consultare e informare Roberto e, ancora più grave, senza considerare affatto il suo quadro clinico?
Non mi riferisco all'aspetto giuridico della vicenda, ma al suo risvolto sanitario.
Se esiste un responsabile, Lei sa chi sia e sulla base di quale disposizione e nell'interesse di chi stia operando?
         Io non riesco a vedere i vantaggi di questo intervento dal momento che mio fratello stava bene, stava progredendo, economicamente era a sue e nostre spese, mentre ora sta male, grava sulla sanità pubblica e il suo stato di salute generale regredisce palesemente. 
Come avrà potuto notare, ho inviato copia della presente a:
- il dottor Ulrich Happe, ortopedico e fisiatra, primario della clinica di riabilitazione “Klinik Dreizehnlinden” di Bad Driburg, in Germania, che Lei ha conosciuto in occasione del consulto svoltosi nel settembre 2010 presso la Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe, dove Roberto era ricoverato in seguito all'Ictus che l'aveva colpito nel maggio dello stesso anno. Come ricorderà questa riunione era stata convocata dal dottor Gildo Motroni, responsabile sanitario del reparto di riabilitazione della Fondazione, affiancato dalla dott.ssa Rosellina Ponti, psicologa, e dalla psichiatra della stessa Fondazione.         Partecipavano all'incontro la dott.ssa Lidia Cosentino, assistente sociale dei Servizi Sociali del Comune di Sassari, inviata in rappresentanza del Comune direttamente dal sindaco di Sassari, in risposta a una relazione spedita per raccomandata dal dottor Motroni allo stesso sindaco, nella quale si chiedeva al Comune d'intervenire per individuare un luogo idoneo a consentire la prosecuzione del percorso riabilitativo intrapreso da Roberto. Ovviamente era stato invitato Lei in doppia veste di specialista del CSM che ha in carico Roberto e per fornire una valutazione tecnica per conto del U.V.T. di Sassari. In questa stessa occasione eravamo stati convocati noi familiari che, coadiuvati dalla consulenza del dottor Happe, il quale si stava interessando con altri del recupero psicofisico post traumatico di mio fratello, abbiamo partecipato e deciso, insieme a Roberto, di aderire al progetto Gruppo di Convivenza che si stava attuando in via Nizza con persone che Roberto già conosceva.
Le ricordo anche che la decisione di Roberto di occupare stabilmente una camera della stessa casa e di trasferire li la sua residenza è avvenuta solo dopo diverse settimane di incontri e di sperimentazioni col pieno accordo di Roberto e degli altri inquilini il 5 novembre 2010.
- Maria Laura Laisceddu, terapista della riabilitazione in una clinica tedesca e mia sorella, che segue Roberto attuando un programma di recupero fisico e che, informata di quanto accaduto, ci raggiungerà, via aereo, appena libera dagli impegni professionali.
- la prof.ssa Maria Grazia Giannichedda e il dottor Daniele Pulino della Fondazione Basaglia.
- la Signora Gisella Trincas dell'Associazione UNASAM e ASARP
- il signor Armando Branca dell'Associazione ASARP.
         Questi ultimi li ho incontrati in seguito a quanto accaduto e li sto informando perché sono convinto che la vicenda sconfini dall'ambito personale o familiare e sia un caso sociale che interessa nello specifico le organizzazioni che rappresentano.
         In conclusione, nel rispetto e nella correttezza reciproca che hanno finora caratterizzato il nostro rapporto, Le comunico che ho intenzione di divulgare i contenuti di questa lettera  anche in altri contesti, con lo scopo di tutelare i diritti di Roberto che ritengo gravemente offesi.
Con rinnovata stima , La saluto cordialmente
        
                                                                           Luigi Laisceddu

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